Si vedono annunci che restano aperti per mesi, meeting interni dove si parla di “skill gap” e giovani che seguono corsi serali per cambiare carriera: la trasformazione digitale non è più un’ipotesi, è una presenza quotidiana nei processi aziendali. Le imprese cercano profili con competenze molto specifiche, mentre molte scuole e università faticano a tenere il passo. La domanda di figure digitali cresce in ogni settore — non solo nell’IT — e questo spinge chi si affaccia al mercato del lavoro a scegliere percorsi formativi mirati. Un dettaglio che molti sottovalutano è che non basta conoscere gli strumenti: serve anche saper applicare le competenze in contesti aziendali reali.
Mercato e il problema del mismatch
La spinta verso la digitalizzazione in Italia è sostenuta da piani pubblici e investimenti che mirano a diffondere competenze diffuse nella forza lavoro. Il PNRR e le strategie europee puntano a un obiettivo chiaro: aumentare la base di competenze digitali di tutta la popolazione attiva. Allo stesso tempo, le indagini di settore mostrano numeri concreti: oltre 245.000 offerte legate all’ICT registrate in certi periodi, ma solo una parte dei candidati possiede i titoli o l’esperienza richiesti. Questo crea il cosiddetto mismatch, cioè domanda elevata e offerta non adeguata.

I dati rendono l’idea del divario: meno della metà degli adulti ha competenze digitali di base, solo una quota molto limitata dei laureati proviene da corsi ICT e molte aziende non investono abbastanza in formazione interna. Il 46% degli adulti con competenze minime, 1,4% dei laureati in discipline ICT e quasi 42% di imprese che dichiarano difficoltà nel reperire profili specializzati sono segnali che non si risolvono da soli. Un fenomeno che in molti notano soprattutto nelle grandi aree urbane è la forte competizione sui profili più tecnici.
Per questo motivo la formazione continua e i percorsi professionalizzanti ( ITS, master, certificazioni tecniche ) sono spesso la strada più pratica per colmare il gap. Formazione e certificazioni non sono garanzia automatica, ma aumentano sensibilmente le possibilità di inserimento e crescita professionale.
Le figure più richieste e come orientarsi
Le aziende cercano una rosa di professioni ricorrenti: dalla sicurezza informatica al machine learning, dal design dell’esperienza utente alla gestione di canali e-commerce e campagne pubblicitarie. Tra le figure più richieste emergono il Cyber Security Specialist, il Data Analyst, l’AI/Machine Learning Engineer, il Cloud Engineer, il Web/UX Designer, l’E‑commerce Manager, il SEO Specialist, il SEM Specialist e il Community Manager. Ognuna ha compiti distinti ma spesso intersecati: protezione dei dati, analisi del traffico, progettazione dell’interfaccia, automazione dei processi, promozione a pagamento e gestione delle comunità online.
Sul piano retributivo e della domanda, profili come il Cyber Security Specialist e il Machine Learning Engineer tendono ad avere medie salariali più alte, mentre ruoli come Community Manager o SEO Specialist hanno range più contenuti ma grande diffusione nelle PMI. È importante considerare che i numeri salariali variano molto in base all’esperienza, alla dimensione dell’azienda e alla regione. Un dettaglio che molti sottovalutano è il valore delle esperienze pratiche: progetti reali, stage e portfolio contano più di molte certificazioni se non accompagnate da applicazioni concrete.
Per orientarsi conviene puntare su una combinazione: una base teorica (laurea o corso ITS), certificazioni tecniche quando utili (per esempio in cloud, security, analytics), e soprattutto un portfolio di progetti o uno stage che mostri risultati misurabili. Competenze trasversali come la capacità di lavorare in team, la comunicazione chiara e l’apprendimento continuo restano decisive per passare dall’annuncio al contratto.
Come muoversi: consigli pratici e conclusione
Scegliere una professione digitale oggi significa valutare tre aspetti: domanda di mercato, affinità personale e percorso formativo disponibile. Specializzarsi in un ambito molto richiesto aumenta le probabilità, ma è utile anche sviluppare competenze complementari: un Data Analyst con basi di cloud o un SEO Specialist con conoscenze di analytics diventano profili più appetibili. Investire in certificazioni rilevanti (cloud, security, ads) è sensato se accompagnato da casi pratici nel proprio curriculum.
Per entrare nel mercato, molte persone sfruttano percorsi alternati: corsi serali, bootcamp, stage in aziende e micro-progetti freelance. Cercare opportunità in settori diversi — retail, logistica, pubblica amministrazione — aiuta a trasformare le competenze digitali in valore concreto. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è che anche realtà territoriali più piccole cercano sempre più spesso competenze digitali per modernizzare processi produttivi e commerciali.
Infine, non si tratta solo di seguire mode tecnologiche ma di costruire capacità trasferibili: progettare soluzioni, analizzare dati, proteggere sistemi e comunicare con precisione. Formazione, esperienza pratica e networking rimangono i tre pilastri per avanzare. Il risultato pratico è già visibile: in molte imprese italiane la domanda per questi profili cresce, e chi investe con metodo in questi percorsi trova più facilmente spazio nel mercato del lavoro.
