All’ingresso di Villa Arvedi, a Grezzana, l’aria non profuma ancora di burro e uvetta ma la scena è già quella delle grandi occasioni: tavoli attrezzati, farine etichettate, e impastatrici che attendono il turno. È qui che si è consumata la prima edizione di Mastro Panettone d’Élite 2025, un concorso pensato per mettere sotto la lente le migliori interpretazioni artigianali del dolce natalizio più iconico d’Italia. L’organizzazione è firmata da Goloasi, realtà guidata da Massimiliano Dell’Aera, che ha scelto un format rigoroso per valutare qualità e tecnica. Regole chiare: no conservanti, uso esclusivo di lievito madre fresco e materie prime selezionate; una cornice che sposta il focus sulla genuinità del prodotto piuttosto che sulla quantità.
La competizione si è articolata in più fasi, ma quella che ha attirato maggiore attenzione è stata la cosiddetta “mani in pasta”, svolta nel laboratorio di Logiudice Forni ad Arcole. Tra il 3 e il 7 novembre i finalisti hanno preparato gli impasti dal vivo, permettendo alla giuria di osservare metodo, ordine e manualità. Il pubblico tecnico ha potuto valutare non solo il risultato finale ma tutta la catena produttiva: dall’allestimento della postazione al rispetto dei tempi di riposo, fino alla pulizia dell’area di lavoro. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio la gestione degli spazi, elemento che incide sulla resa del prodotto finale. Il format ha così privilegiato la competenza pratica oltre alla qualità degli ingredienti, restituendo un ritratto realistico delle capacità professionali che si misurano giorno dopo giorno nei laboratori italiani.
La competizione in laboratorio: ‘mani in pasta’ e regole stringenti
La fase dal vivo ha messo in evidenza la differenza tra una buona ricetta e una produzione professionale ripetibile. I commissari hanno osservato come i candidati dosassero la forza delle farine, gestissero i tempi di lievitazione e calibrassero l’idratazione per ottenere una struttura interna equilibrata. In questo contesto la scelta del lievito madre fresco non è stata una semplice imposizione normativa: ha portato alla ribalta variabili sensibili come la temperatura dell’impasto, la maturazione dell’aroma e la tenuta della mollica. La competizione ha inoltre imposto standard elevati sulle materie prima; gli ingredienti dovevano rispondere a criteri di tracciabilità e qualità, e le ricette non potevano contenere additivi industriali.

Osservando i finalisti al lavoro è emerso un elemento comune: la priorità data alla tecnica manuale e alla precisione temporale. Chi lavora in laboratorio lo sa bene: la differenza la fanno i dettagli. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è l’aumento delle richieste per panettoni artigianali di alta gamma, una tendenza che sostiene il valore di gare come questa. I giudici hanno valutato pulizia della postazione, ordine operativo e correttezza delle tecniche di lavorazione perché, nella produzione del panettone, la ripetibilità del processo è quanto conta tanto quanto la bontà del singolo pezzo.
Il podio e cosa raccontano i vincitori sulla tradizione del panettone
Il verdetto ha sancito uno scenario nel quale la tradizione artigiana continua a convivere con una moderna attenzione alla qualità. Per la categoria “Tradizionale” il primo premio è andato a Riccardo Manduca di SoloManduca, di Aprilia (Latina): il suo prodotto è stato apprezzato per l’equilibrio tra profumi, la struttura dell’impasto e il corretto uso degli ingredienti, rispettando appieno i criteri di lievitazione naturale. Sul podio, al secondo posto, si è piazzato Roberto Moreschi di Roberto Pastry & Bakery (Chiavenna), seguito da Alessandro Dicataldo del Panificio I Dicataldo (Barletta). La graduatoria riflette una mappa geografica ampia: dal Lazio alla Lombardia fino alla Puglia, segno che la cultura del panettone di qualità è diffusa nel Paese.
La giuria ha applicato criteri rigorosi: armonia aromatica, consistenza della mollica, sapore, qualità delle materie prime e correttezza della lavorazione. È emerso chiaramente che la capacità di rispettare i tempi di fermentazione e di costruire un impasto con una struttura stabile è ciò che distingue i prodotti d’eccellenza. Un dettaglio che molti sottovalutano è la capacità di bilanciare gli aromi senza coprire la base del panettone; è un’abilità tecnica che richiede esperienza e controllo preciso delle materie prime. Per chi segue il settore, il risultato di questa prima edizione rappresenta anche una conferma: il mercato premia l’artigianato che sa unire competenza tecnica e selezione rigorosa degli ingredienti.
La fotografia finale è pragmatica: i maestri che hanno vinto mostrano una pratica consolidata e una sensibilità per la qualità che trascende le mode. Per molti laboratori italiani questo tipo di riconoscimento significa un segnale chiaro sui gusti dei consumatori e sulle aspettative del mercato di alta gamma; per i professionisti è invece la conferma che la tecnica, la materia prima e il rispetto del lievito madre restano le coordinate imprescindibili per chi vuole battagliare sul terreno dell’eccellenza.
